In caso di fatturazioni inesistenti, la prova è a carico dell’acquirente che deve dimostrare di avere svolto le trattative ed acquistato la merce in buona fede e usato la dovuta diligenza. L’amministrazione finanziaria può infatti assolvere il proprio onere probatorio iniziale anche mediante presunzioni semplici e mediante elementi indiziari.
La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta (Ordinanza n. 3473/18) esprimendosi a favore dell’Amministrazione Finanziaria con riferimento ad un avviso di accertamento emesso nei confronti di un’azienda al fine di recuperare a tassazione l’IVA inerente ad alcune operazioni di acquisto intracomunitario di autovetture ritenute soggettivamente inesistenti.
Dette compravendite, nella fattispecie sottoposta al vaglio della Suprema Corte, erano state poste in essere attraverso una società di diritto italiano “cartiera”, quindi fittizia, attuando quindi una c.d. frode carosello.
Avuto riguardo per la ripartizione dell’onere della prova, i Giudici di legittimità hanno rilevato, in tema di fatture soggettivamente inesistenti, che sebbene l’onere probatorio ricada sull’Ufficio , quest’ultimo può comunque assolverlo anche attraverso presunzioni nonché adducendo elementi indiziari.
Non è pertanto necessario che l’Amministrazione Finanziaria alleghi prove certe, potendosi legittimamente limitare a presunzioni semplici, purché presentino il requisito di gravità, precisione e concordanza, comportando quindi l’onere per il contribuente di dimostrare di aver acquistato in buona fede, adoperando la dovuta diligenza, comunque di carattere ordinario, e pertanto di dover allegare gli elementi tesi a comprovare la sua estraneità rispetto all’operazione fraudolenta, senza limitarsi, oltretutto, alla mera produzione delle fatture o delle contabili pagamenti, in quanto dati facilmente falsificabili.
(a cura dell’Avv. Giulio Fanti)